Federica Bragaa, Gian Marco Scarpaa, Giorgia Manfèa, Giuliano Lorenzettia, Luca Zaggiab
a Istituto di Scienze Marine, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISMAR), Venezia
b Istituto di Geoscienze e Georisorse, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IGG), Padova
Obiettivi del tema di ricerca
Questo tema di ricerca si focalizza sull’identificazione a scala locale delle principali direttrici di trasporto superficiale dei sedimenti sospesi (SPM), rilevabili tramite telerilevamento e con l’ausilio di dati in situ e di modelli idrodinamici. L’approccio si basa sull’uso di algoritmi bio-ottici, a banda singola o a rapporto di banda, applicati ad una serie multi-temporale di dati satellitari allo scopo di mappare i pattern dei sedimenti sospesi e l’interfaccia tra spiagge emerse e sommerse. Come previsto dal Capitolato Tecnico, le attività di ricerca del WP 1A-CBE si sviluppano secondo tre fasi successive: e.1) individuazione dell’interfaccia spiaggia emersa/sommersa e, se visibile, la presenza di barre sommerse; e.2) identificazione dei pattern relativi ai sedimenti sospesi; e.3) identificazione dei principali percorsi di trasporto dei sedimenti nel breve/lungo periodo.
Materiali e Metodi
Area di studio
Le attività di ricerca sono incentrate sulle coste dell’Alto Adriatico (NAS), che rappresentano la più estesa costa sabbiosa italiana. Da un punto di vista morfologico, l’area di studio è suddivisa in tre parti principali: una parte settentrionale caratterizzata da una costa litoranea lineare, una parte meridionale con aree influenzate dal sistema deltizio dei fiumi Brenta-Adige-Po e una parte centrale, corrispondente alla laguna di Venezia. Le forze che agiscono sulle dinamiche di questi sistemi costieri sabbiosi sono essenzialmente il vento (Bora e Scirocco), le onde e le correnti lungo costa, la climatologia e il deflusso dei fiumi. Inoltre, le pressioni antropiche sono molto elevate lungo tutta la costa.
Processamento dei dati satellitari e campionamenti in situ
I dati sono stati acquisiti principalmente nel periodo 2016-2019 dai sensori Operational Land Imager (OLI) e MultiSpectral Imager (MSI) a bordo rispettivamente del Landsat 8 (L8) e del Sentinel-2A&B (S2). Le immagini MSI-S2 Level 1C, contenenti le riflettanze top-of-atmosphere (TOA) sono state scaricate da Copernicus Open Access (Hub, https://scihub.copernicus.eu/dhus). Le radianze OLI-L8 sono state invece scaricate dall’archivio USGS dell’Earth Resources Observation and Science Center (http://glovis.usgs.gov). Inoltre, sono state utilizzate una serie di immagini RapidEye (RE) fornite da ESA come missioni di terze parti. Per questo studio, abbiamo usato i prodotti RapidEye 3A Ortho (L3A), ricampionati a 5 m di risoluzione spaziale, corretti ortograficamente tramite punti di controllo a terra e DEM. Ciascuna immagine copre un’area di 25×25 km. In primo luogo, i “digital numbers” (DN) registrati dai satelliti sono stati convertiti in radianza spettrale e in riflettanza TOA. Per le immagini RE non abbiamo tenuto conto degli effetti atmosferici, in quanto il contributo dell’atmosfera può essere considerato trascurabile date le piccole dimensioni dell’area. Per i dati L8 e S2, la correzione radiometrica e la correzione atmosferica sono state eseguite tramite il software ACOLITE (Atmospheric Correction for OLI ‘lite’) descritto in Vanhellmont & Ruddick (2014; 2015; 2016) [1-3]. Grazie ad ACOLITE è possibile ottenere la riflettanza dell’acqua (ρw), per tutte le bande dello spettro del visibile e per il NIR. Oltre a ciò, è possibile ottenere anche altri parametri (es: torbidità).
L’estrazione della linea di costa è stata eseguita automaticamente seguendo queste fasi: 1) separazione approssimativa tra terra e acqua; 2) miglioramento di questo confine allo scopo di estrarre la posizione esatta della linea di costa; 3) vettorializzazione della linea di costa. Il metodo di separazione terra-acqua si basa sull’ipotesi che la riflettanza dell’acqua pura è quasi completamente assorbita nelle lunghezze d’onda del NIR [4], mentre la firma spettrale della terra ha un valore più alto per tutte le lunghezze d’onda, specialmente nella gamma del NIR [5,6]. Utilizzando questo concetto, abbiamo studiato la risposta radiometrica dell’acqua e della terra nelle diverse bande spettrali, per poi identificare il miglior valore soglia. Tutti i pixel inferiori a questo valore sono stati classificati come acqua, mentre tutti i pixel superiori a quest’ultimo sono stati classificati come terra. Infine, abbiamo estratto la linea di costa “grezza” tramite la “edge detection technique”, sulla base della soglia identificata. È stata poi eseguita una correzione sulla base dei livelli di marea, derivati dalle osservazioni registrate alla stazione Diga Sud Lido. I dati di marea in situ sono stati forniti dal Centro Previsioni e Segnalazioni Maree del Comune di Venezia.
Oltre all’identificazione della linea di costa, in questa attività di ricerca ci siamo concentrati sulla stima della torbidità (T), dato che rappresenta un proxy facilmente misurabile del sedimento sospeso (SPM). L’algoritmo semi-empirico di stima della torbidità a banda singola (espressa in unità nefelometriche di formazina [FNU]) di Dogliotti et al. (2015) [7] viene applicato e analizzato nel presente studio. Considerata l’ampio range di torbidità nelle acque costiere, questo algoritmo utilizza le bande del rosso o del NIR, a seconda del ρw(λ) a 655 nm. Nel caso in cui ρw(655)<0,05 (T<15 FNU, bassa torbidità), l’algoritmo utilizza ρw(λ) a 655 nm. Nel caso di ρw(655)>0.07 (T>45 FNU, media-alta torbidità), viene utilizzato ρw(λ) a 865 nm per evitare la saturazione del segnale a lunghezze d’onda inferiori. Infine, quando 0,05>ρw(655)>0,07, i due algoritmi sono mediati linearmente per garantire una transizione graduale. Questo algoritmo è stato validato nel Prodelta del fiume Po (Mare Adriatico settentrionale) da Braga et al. (2017) [8]. Per la stima della concentrazione di SPM, la riflettanza dell’acqua calcolata da ACOLITE (ρw(λ)) è stata convertita secondo Nechad et al. (2010) [9]. Inoltre, sono stati messi a confronto dati in situ con i prodotti ottenuti dalle immagini L8 e S2, al fine di convalidare l’algoritmo in base alle caratteristiche specifiche del particolato sospeso.
Tra l’autunno del 2016 e l’estate del 2017, sono stati effettuati diversi campionamenti in situ nelle vicinanze della laguna di Venezia, in modo da risultare sincroni con le acquisizioni di L8 e S2. Per ogni campagna di misura, sono state eseguite 6 stazioni con la raccolta di campioni d’acqua (per la concentrazione di SPM) e di parametri idrologici. Per ciascuna stazione, i dati di Conducibilità-Temperatura-Profondità (CTD) sono stati ottenuti utilizzando una sonda multi-parametrica Idronaut Ocean Seven 316Plus, dotata anche di un sensore ottico di backscattering (torbidimetro Seapoint, operante a 880 nm). Sono stati inoltre effettuati quindici rilievi sincroni con il passaggio di L8 e S2 da gennaio 2019 ad agosto 2019 nella zona della bocca di porto del Lido e nel settore centrale della laguna. Oltre ai campioni d’acqua e ai parametri idrologici, sono state misurate le riflettanze dell’acqua tramite lo spettroradiometro WISP-3 (Water Insight). L’altezza significativa delle onde, la direzione e la velocità del vento sono state infine misurate presso la Piattaforma Oceanografica Acqua Alta (AAOT), situata nel Mare Adriatico settentrionale, a circa 16 km dalla costa di Venezia.
Risultati e Discussione
Variazione della linea di costa
Per quanto riguarda l’evoluzione “lenta e naturale” della linea di costa dovuta all’erosione e all’accumulo a lungo termine, l’analisi della linea di costa è stata effettuata in un’area molto dinamica (cioè il delta del fiume Po) tramite l’analisi storica di immagini satellitari Landsat e S2, per gli ultimi 50 anni (Fig.1). La foce del Po di Pila è risultato essere il settore più attivo e dinamico del delta: aree di erosione/deposizione sono state osservate durante tutto il periodo analizzato, con la formazione di barre sabbiose sommerse/emerse alla foce del Po di Pila. Inoltre, una barra fluviale di recente formazione è visibile nelle immagini satellitari L8 e S2 a partire dal 2016. Essa è migrata verso la costa, ostruendo parzialmente il fiume e dividendo il flusso in uscita di quest’ultimo in due rami. L’evoluzione della barra sembra essere più legata all’azione delle onde che al fiume stesso (Fig.1).

Figura 1: Sinistra: linee di costa del delta Po, basate su immagini satellitari dal 1972 al 2018; le linee di costa sono state ricavate da immagini S2 (2018) e Landsat (MSS-L1: 1972; MSS-L3: 1982; TM-L4: 1990; ETM-L7: 2001; TM-5: 2010). Destra: mappa della barra fluviale emersa alla foce del Po di Pila, basata su dati S2 (2016-2019).
Per quanto riguarda l’evoluzione temporale a breve termine della linea di costa, l’evento analizzato rappresenta un’intensa e prolungata tempesta invernale dovuta alla Bora che si è verificata nel Mar Adriatico settentrionale il 2-3 febbraio 2018. L’evoluzione della linea di costa è stata analizzata estraendo queste ultime da immagini RE. L’immagine RE acquisita il 04/02/2018 alle 10:25 AM mostra la presenza di frangenti che causano l’erosione delle strutture sommerse ed emerse. Dall’immagine RE acquisita 10 giorni dopo l’evento estremo, si evince che la mareggiata non ha causato danni permanenti alla costa.
Mappe di torbidità: validazione e trasporto dei sedimenti sospesi
I dati in situ raccolti nel 2017 sono stati utilizzati per valutare la precisione dei prodotti T derivati dalle immagini L8 e S2. Nel complesso, è stato possibile confrontare 58 match-up tra i dati in situ e quelli satellitari, con una differenza temporale di massimo 1 ora. Questi confronti mostrano una buona correlazione con un coefficiente di determinazione R2 di 0.756 (L8) e 0.554 (S2). Questi valori indicano una migliore relazione lineare tra i dati in situ e quelli derivati da L8, piuttosto che con quelli derivati da S2. Questo può essere dovuto alla diversa risoluzione spaziale dei due sensori. Nella seconda fase delle attività di ricerca, la calibrazione vicaria di S2A [10] e la correzione atmosferica basata sull’approccio “dark spectrum” [11] sono state applicate sia al dataset del 2017 che del 2019 (124 match-up per il S2 e 69 match-up per il L8). Le correlazioni sono risultate statisticamente significative con un coefficiente di determinazione R2 di 0,959 (L8) e 0,925 (S2). Le concentrazioni di SPM raccolte in situ sono state infine utilizzate per valutare la precisione dei prodotti SPM derivati dalle immagini satellitari. Nel complesso, è stato possibile confrontare 193 match-up (124 per il S2 e 69 per il L8) tra i dati in situ e quelli satellitari, con una differenza temporale di massimo 1 ora. Le correlazioni sono risultate statisticamente buone con un coefficiente di determinazione R2 di 0,796 (L8) e 0,544 (S2).
Per quanto riguarda l’analisi dei meccanismi di trasporto dei sedimenti sospesi ci siamo concentrati principalmente sui gradienti orizzontali di torbidità piuttosto che sulla concentrazione di SPM, in quanto ha fornito risultati meno accurati nella validazione. Questa analisi ha considerato tre eventi influenzati da diverse condizioni di vento e onde: evento di Scirocco (17/06/2016) e due eventi di Bora (27/08/2018 e 24/01/2019). L’evento del 17/06/2016 è stato caratterizzato da 36 ore di vento (Scirocco e Libeccio) con un velocità superiore a 7 m/s. L’alternanza dei due venti ha causato la risospensione dei sedimenti dalla costa e ha favorito la loro diffusione al largo verso nord. I modelli di torbidità derivati da L8 in figura 2a sono coerenti con i risultati del modello proposto da Wang e Pinardi (2002) [12]. Gli eventi avvenuti il 27/08/2018 e il 24/01/2019 sono stati caratterizzati invece da una forte Bora con velocità superiore a 8 m/s. In dettaglio, l’evento del 27/08/2018 è durato 24h con venti superiori 8 m/s, mentre l’evento del 24/01/2019 è durato 3 giorni con venti superiori a 8 m/s. In figura 2b (27/08/2018) sono evidenti gli scambi alle bocche di porto dovuti alla precedente fase di riflusso della marea, il flusso di sedimenti sospesi provenienti da nord-est tramite le correnti lungo costa e le interazioni tra le correnti di marea e quelle costiere. In figura 2c e 2d, le mappe di torbidità mostrano valori elevati in una stretta fascia della superficie costiera e all’interno della laguna di Venezia, dovuto all’effetto delle onde indotte dal vento. I sedimenti sono estesi al largo e diffusi verso sud dall’azione delle correnti lungo costa, come visibile anche sulla mappa della temperatura superficiale del mare (SST) (fig. 2e).

Figura 2: a) mappa di torbidità derivata da L8 (17/06/2016) per l’area di studio che include il delta del Po e la zona costiera della Laguna di Venezia. b) mappa di torbidità derivata da S2 (27/08/2018) della zona costiera della Laguna di Venezia. c) mappa di torbidità derivata da S2 (24/01/2019) della zona costiera della Laguna di Venezia. d) mappa di torbidità derivata da L8 (24/01/2019) della zona costiera della Laguna di Venezia. e) mappa L8 SST. In tutte le mappe la zona emersa, le nuvole, l’ombra delle nuvole, i frangenti e le zone con sunglint sono nere.
Possibili sviluppi futuri
I risultati presentati in questo studio suggeriscono come la combinazione tra immagini L8 e S2A-B, con tempo di rivisitazione di 2-3 giorni, possa essere considerata e sfruttata per gli scopi proposti in questa attività di ricerca. La stima della concentrazione di SPM risulta meno accurata rispetto alla stima della torbidità a causa delle incertezze legate alle attività di campionamento e alle prestazioni dell’algoritmo.
L’analisi di serie temporali S2 e L8 ha permesso di indagare i meccanismi di trasporto dei sedimenti sospesi, mettendo in relazione le mappe tematiche elaborate, con i dati meteo-climatici e marini.
Pubblicazioni e Presentazioni
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- Bellafiore, D., Ferrarin, C., Braga, F., Zaggia, L., Maicu, F., Lorenzetti, G., … & De Pascalis, F. (2019). Coastal mixing in multiple-mouth deltas: A case study in the Po delta, Italy. Estuarine, Coastal and Shelf Science, 226, 106254.
Bibliografia
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